Esistono anche false accuse di pedofilia non fatte da donne separate contro i loro ex. In questi casi la mamma e moglie che vorrebbe difendere tutta la famiglia si trova di fronte al sistema creato da femministe ed abusologi: o sfasci la famiglia o i tuoi figli fanno la fine dei fratellini di Basiglio, della piccola Angela L, della piccola Viola. Tale situazione è oggetto del capitolo “mamme sull’orlo del burrone” del libro-inchiesta “Presunto Colpevole” (Ed. ChiareLettere) del criminologo Luca Steffenoni.
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L’unica situazione nella quale la mamma non rischia la perdita dei figli è la prima: quella, cioè, della moglie denunciante. In questa categoria bisogna rientrare al più presto, se si ha a cuore la sorte dei propri figli.
Del tutto suicida sarebbe, per la moglie che fosse sicura dell’innocenza del marito, la pervicace difesa di quest’ultimo. Se già la coniuge non denunciante è sospetta, quella solidale potrebbe essere destinata alla perdita immediata dei figli, e questa circostanza non sarebbe di nessun aiuto al padre che si professasse innocente, ma aggiungerebbe pena alla pena.
Il primo consiglio che qualunque avvocato fornisce ai propri clienti qualora si trovassero in questa drammatica situazione e avessero figli da difendere è quello della «separazione simulata». La moglie, benché convinta per fatti precisi che l’accusa proveniente dall’esterno sia infondata, deve prendere le distanze dal marito con una frettolosa separazione.
Solo così potrà essere considerata dal tribunale penale come parte lesa e non come «collusiva». Si tratta del tipico espediente all’italiana, nel quale farsa, dramma e
commedia si mescolano, creando uno dei tanti capolavori della nostra ipocrisia nazionale. In cambio di una buona presa di distanze, la madre avrà il lasciapassare per tenere
con sé i figli, prospettiva che per i due genitori risulta la più impellente.
Questo gioco delle parti avviene davanti ai consulenti tecnici nominati dal tribunale e necessita ovviamente di un buon perito di parte. Qui entra in gioco il secondo consiglio
dato dal buon avvocato, ovvero di scegliere tale perito tra quelli che normalmente sono i più accaniti sostenitori dell’accusa penale. Costa un po’ di più, ma i risultati dovrebbero
essere migliori.
Questo meccanismo spiega perché ben pochi di coloro che vengono assolti da queste terrificanti accuse possano vantare, alla fine dell’iter processuale, il mantenimento formale della coppia.
La cambiale si onora, ovviamente, durante il processo al marito, quando con difficoltà e molti «non so, non ricordo, non ero presente», la madre, anche se convintissima che
tutte le accuse siano infondate, cammina sul ciglio del burrone, rischiando da un lato di sprofondare nell’inattendibilità come teste a discarico, dall’altro nel non voler diventare
un teste a carico.
Se una moglie scegliesse di continuare sulla strada della difesa del marito, ci penserebbe la gestione delle visite, oltre all’allontanamento dei figli, a farle cambiare strategia. […]
Altre strade non sono percorribili, come insegna la vicenda già descritta nel corso della trasmissione Maurizio Costanzo Show, dove avvocati, giornalisti ed esperti, nel
raccontare al pubblico la dolorosa vicenda della bambina tolta alla famiglia e mai più restituita, pur in presenza dell’assoluzione paterna, ebbero modo di svelare la prassi della
separazione forzata.
In quel caso, infatti, a nulla valsero le proteste e le lotte dei due genitori. Il padre, arrestato, venne tradotto in carcere. La madre rivendicò il diritto di riavere la figlia. Le
venne proposto di «collaborare» e di confermare le accuse al marito. Lei si rifiutò con fermezza e con coraggio, certa dell’innocenza del coniuge. Per ritorsione le venne impedito di riavere la figlia, in quanto, per «incapacità genitoriale», non sarebbe stata in grado di impedire gli abusi, in realtà mai avvenuti. L’arma in mano ai tribunali per i minorenni per gestire la madre come,un burattino ha dunque un nome: incapacità genitoriale. E il sigillo della colpa, il terribile imprimatur utilizzato senza controllo alcuno, che sancisce la perdita di ogni speranza di rivedere i bambini.
Lo spiega Augusto Cortelloni, ex senatore, promotore di molte iniziative parlamentari contro i falsi abusi e avvocato penalista che ha seguito da vicino vari processi per violenza
su minori:
Il tribunale dei minori incarica un suo consulente psichiatra per accertare la «capacità genitoriale»). Per chi non lo sapesse questa indimostrabile attitudine a essere padre e madre è stata aggiunta con una recente legge. Nel regime precedente i bambini venivano allontanati per maltrattamenti o evidenti abusi sessuali. Con la nuova norma invece si prende un criterio quasi filosofico, impalpabile, e lo si fa applicare ai servizi sociali con esiti giuridici e giudiziari abominevoli.
È lo stravolgimento del diritto: la sua applicazione viene subappaltata a persone che nulla sanno di come si applicano i codici e che sono irresponsabili per le loro gravi scelte e impuniti anche in caso di mala fede. Come è possibile che ci sia l’abdicazione dello Stato a persone irresponsabili verso la legge? Se persino un vigile urbano per una multa in divieto di sosta deve avere divisa e codice, perché si lascia senza vincolo un assistente sociale in grado di distruggere una famiglia? Perché infine i controlli sul suo operato sono sempre e solo posteriori, ritardati e verificati da quegli stessi giudici che collaborano con loro?
Dal momento in cui è informato del fatto o del sintomo, il tribunale per i minorenni esercita un potere assoluto sulla sorte del gruppo familiare, ovviamente «nell’interesse superiore del minore». Parole come patria potestà, modelli educativi, libertà, credo religioso perdono il loro significato, in funzione del pensiero unico dei periti o della fortuna, per la verità rara, di trovarne qualcuno che a tale pensiero non aderisca.
Per chi non ha mezzi economici sufficienti, il trovarsi in questa situazione può rivelarsi doppiamente drammatico.
Da un lato infatti il padre, costretto nella migliore delle ipotesi agli arresti domiciliari in una residenza ovviamente diversa da quella familiare, non può più lavorare né provvedere alle esigenze dei propri figli; dall’altro la moglie, oltre a pensare al mantenimento dei minori che le sono affidati, deve pagare lautamente i consulenti di parte e accollarsi il costo dell’indagine fatta dal tribunale per i minorenni che,
anche se può sembrare incredibile, è a suo carico.
Se la moglie rientra nella categoria che abbiamo descritto, ovvero è sollecitata a separarsi anche se è convinta dell’innocenza del marito, si viene a creare la situazione dai risvolti kafkiani nella quale è lei a dover pagare chi, indirettamente, può accusare il marito.
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